Meltzeid molecole multicolori

di Enrico S. Laterza

Antologica – “Dipinti”, Volume III, 2007-2012

“Palpitare lontano di scaglie di mare”, nei versi di Eugenio Montale la vivida luminescenza dell’orizzonte ligure del Mediterraneo: stille di pura luce solare riflessa dall’azzurro celestiale di onde, cavalloni, argentee creste frangenti, diamanti sulla risacca… E ho riflettuto, appunto. Ho esitato, ho tardato e mi sono attardato parecchio a scrivere a gettare sulla carta le sensazioni che mi suscitano le immagini anch’esse gettate ma sulla tela dei dipinti di Mimmo, rare virgole – mi scuso – per un discorso fluviale, nient’affatto “critico”, che rovina a valle piuttosto come un torrente di parole in vacanza, su qualcosa che guardavo, che ammiravo sin da piccolo, che ha sicuramente improntato il mio modo di vedere, nonostante le successive mediazioni intellettuali o culturali, e che evoca l’ékphrasis del poeta. Ricordo un profilo, il profilo di un ponte fra fronde, quello di una ragazza tra i rivoli ramati della capigliatura scarmigliata, il mosaico grafico da cui emergevano i lineamenti, quindi dalie, ortensie, peonie, scorci e paesaggi, magari privi di pigmento perché imbiancati di neve, nella neve evanescenti, ineffabili, eppure tangibili quanto neve vera.

Quell’orma resta. Tuttavia l’arte di Guglielmo Meltzeid è evoluta poi verso temi ancor più splendenti nella forma, fluidi e limpidi, variegati e complessi, egualmente assoluti. Non deve ingannare la circostanza che tra i suoi committenti si trovino spesso i cosiddetti vip, che egli peraltro decide se meritevoli di un ritratto, accettandone le richieste solo quando sufficientemente “simpatici”: certo, molti quadri parrebbero dedicati a questo genere di gente privilegiata, fortunati semidei dalla vita dorata, bellissime donne bellissimi bambini biondi (Vanessa, 2001; Alejandra, 2006; Veronica, 2010; Margherita, 2012), svaghi e sport, stupendi vascelli da regata (dai nomi stellari, altisonanti, quali Orion o Partridge), accessori e auto di lusso, fiammanti Porsche al chiaro di luna, la strumentazione metallica di una Ferrari “GTO” d’epoca (La Rossa, 2001), le ali del radiatore di una Harley-Davidson scintillante su cui posa una farfalla gialla. La foto del benessere. È un’impressione superficiale, da cui prendere le distanze: al contrario, su tali ispirazioni, o pretesti, s’innestano entro la cornice – oltre la cornice – i segni o semi della memoria personale, del viaggio, del mito e del mistero, della fascinazione e dell’ingegno umano, del caso, del gioco del destino, dell’ironia acuta, comunque indulgente, scevra di moralismo, rispetto alla vanità dell’orpello costoso di fronte al naturale sfiorire delle età (viene in mente Walt Whitman), all’approssimarsi dell’ineluttabile. Sotto il velo apollineo traspare la trama intima del tessuto dell’esistenza, eccitante o noiosa, felice o triste per ciascuno, con l’opportunità però di sconfiggere i problemi individuali e sociali grazie allo sforzo collettivo, alla cooperazione tra i popoli, ad una solidarietà sincera ed efficace, senza tanti blablablà… Fiducia che la fantasia, unita all’intelligenza, alla volontà e all’innocenza superstite, salverà di nuovo il mondo (La Voce, 1973; For UNICEF, 1982; Insieme per vincere, 1994; La Fiamma, Olimpiadi Invernali Torino 2006).

Io prediligo i ritagli (da Sanvalentino, 1998, all’Albero delle primavere, 2012) e i dettagli ingigantiti, zumati, i blow-up di oggetti ravvicinati, con citazioni di precedenti opere sullo sfondo (ad esempio, l’orologio Cartier in La Macchina del Tempo e la Camera del Domani, 2002, momento nonché memento sul passato, trascorso inarrestabile, scandito dai minuti, nel tentativo di imprigionarlo misura per misura), i concetti astratti che Meltzeid identifica in cose così concrete (Porte-bonheur, 1986; Continuità, 1990; Nontiscordardimé, 2004; Apparizione, 2006; L’infanzia, 2011), sovente illustrati da situazioni spiritose (Viva la Libertà, 1983; Alla chetichella, 2006; Cu-cù, 2011). Lui – secondo il suo motto – espone, propone, non impone mai l’interpretazione simbolica, o una propria Weltanschauung, si lascia leggere a differenti livelli.

Pittura liquida abbagliante (noi tutti non siam forse fatti di corpo e anima, acqua e colore?): poco importa la scena raffigurata, è la medesima materia, stessa sostanza, quasi quintessenza di sogno, a permeare l’universo creativo, a comporre l’armonia, il concerto (o sconcerto) di toni e tinte, globuli cromatici, atomi e molecole, anzi particelle elementari ultraleggere, leptoni. Sembra il caleidoscopico tondo della darsena di Portofino, specchiate nel bacino portuale le miriadi di brillanti smerigli del litorale. Ecco invece verdi occhi felini, vibrisse, un muso di gatto.

E.S.L.
Fondazione Italiana per la Fotografia
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Corriere dell’Arte / Courrier des Arts
Torino / Turin